“Il default di Alitalia sarebbe una batosta gravissima per il turismo nazionale, già molto in difficoltà. Michela Brambilla, sottosegretario al Turismo, non crede all’intercambiabilità di Alitalia con altri vettori esteri, che potrebbero svolgere la stessa funzione nel nostro Paese.
Perché?
«Si finirebbe per determinare un forte offuscamento dell’immagine del made in Italy, soprattutto in quei Paesi extra europei dove i turisti utilizzano per più dell’80% il mezzo aereo per arrivare in Italia. E si provocherebbe una consistente rarefazione di tutta la rete di servizi logistici, che ovviamente le compagnie straniere intenderebbero gestire da casa propria. E c’è da ritenere che anche tutti gli eventuali profitti prenderebbero la stessa strada».
Rischiamo di perdere ulteriormente quota sulle presenze internazionali, già in calo?
«La mancanza di affidabilità causata dal default della compagnia di bandiera avrebbe ricadute di vasta portata sul turismo. Il danno all’immagine vetrina dell’Italia sarebbe incalcolabile. Le agenzie di viaggio internazionali non ci metterebbero niente a cancellarci dalle destinazioni principali, dando un ulteriore colpo a un comparto già in sofferenza».
Come sono i numeri quest’anno?
«Non ho ancora un consuntivo di tutta la stagione, perché settembre è un mese importante e non è ancora finito, ma i dati previsionali di Assotravel parlano di un calo del 12% quest’anno. L’Italia continua a scivolare sempre più in basso nelle graduatorie internazionali. Eravamo la prima destinazione mondiale nel 1970, poi la quarta nel ’90, oggi siamo scesi al quinto posto, scavalcati anche dalla Cina. L’indice di competitività turistica del World Economie Forum ci colloca al 28° posto nel mondo. E con il disastro di Alitalia scenderemo ancora più giù».
L’Alitalia non aggiunge comunque lustro all’immagine dell’Italia…
«Sarà, ma serve. Di qui a pochi anni il trasporto aereo è destinato ad assorbire oltre il 70% del flusso turistico mondiale. Il mondo si rimpicciolisce, la globalizzazione porta a viaggi sempre più lunghi. E noi perdiamo il vettore aereo di riferimento. È evidente che chi intende affossare il progetto della Compagnia Aerea Italiana non mette a repentaglio solo i dipendenti Alitalia, ma tutti i lavoratori del turismo».
Si può sempre andare in treno…
«Si potrebbe, se avessimo un sistema ferroviario che funziona. Il default di Alitalia sarebbe ammortizzabile se potessimo almeno offrire ai visitatori delle alternative valide. Ma non è così. Il ritardo infrastrutturale dell’Italia è gravissimo su tutti i fronti. La nostra Alta Velocità non supera i seicento chilometri, un terzo della rete francese. E la rete autostradale italiana cresce molto più lentamente della media europea. Con un turismo senza ali ora la crisi sarà ancora più grave».
Un comparto, dicevamo, già in difficoltà.
«Esattamente: la globalizzazione ha fatto arretrare sempre più la competitività delle nostre aziende turistiche, che sono molto più costose delle loro rivali francesi o spagnole, eppure perdono redditività. Il settore, che potrebbe essere un volano straordinario della nostra economia, pesa sul Pil per 1’11,4% con un giro d’affari di 159 miliardi, mentre quello spagnolo ormai pesa ben di più sul prodotto interno: il 18%».
Da cosa dipende questo arretramento?
«Manca una politica nazionale del turismo: ogni Regione va per conto suo e così si spende molto di più, con un risultato molto più modesto. È chiaro che 20 piccole campagne regionali, per quanto siano ben congegnate, non bucano il video come una campagna nazionale molto più pesante. È la buona programmazione strategica nazionale che ha portato la Spagna a crescere molto più dell’Italia. Se vogliamo salvare il turismo, il sistema Paese deve mettersi in moto compatto, trasporti compresi».
Forse il successo della Spagna dipende anche dal fatto che gli spagnoli hanno mare e sole come noi, ma gli alberghi costano la metà…
«Certamente, la scarsa competitività sui prezzi è uno dei problemi fondamentali del nostro turismo. Ma le carenze infrastrutturali e il danno all’immagine di vicende come quelle dell’Alitalia sono quasi altrettanto importanti».
Elena Comelli, Nazione – Carlino – Giorno, 20 settembre 2008