BRAMBILLA: “BERLUSCONI: ECCO IL MIO SOGNO”

“Milano. Accolto trionfalmente da duemila seguaci plaudenti, stipati nel Teatro Nuovo di piazza San Babila, Silvio Berlusconi riceve la corona che già possiede dalla presidentessa dei Circoli della Libertà, l’adorante Michela Vittoria Brambilla, che gli da del tu, lo chiama presidente e dal palco lo ringrazia, emozionatissima («altro che donna di ghiaccio!», protesta lei), perché «sei stato ancora una volta il più lungimirante di tutti, il più vicino al sentire della gente, il più pronto a rialzare le bandiere della rivoluzione liberale incompiuta». Seduto in prima fila, Berlusconi accenna un gesto come a dire: “Che volete, mi tocca di nuovo”. E’ reduce dal duro faccia a faccia romano col recalcitrante Casini (ma Pier già usa toni dialoganti e gli propone un incontro). Ad Arcore, nella notte, il vertice con lo stato maggiore della Lega Nord (Bossi, Maroni, Calderoli), che ha promesso: la Lega presenterà il suo simbolo soltanto al Nord. «La lega è sempre stata leale», chiosa. A mezzogiorno di un sabato milanese rallegrato dal sole, Berlusconi apre la campagna elettorale a Milano, nella stessa piazza San Babila dove il 18 novembre 2007 improvvisò il “discorso del predellino”. Ospite dell’assemblea dei 6.454 Circoli della Libertà
sparsi nella Penisola, parlando a braccio per un’ora esatta, il Cavaliere delizia un uditorio già beato della sua sola presenza, che lo applaude, inneggia e tripudia come un sol uomo. E celebra nel garrire delle bandiere bioancoazzurre la nascita del Popolo della libertà. La libertà, parola-chiave che il popolo azzurro ripeterà come un mantra (elettorale).
L’apertura è il commosso ricordo della mamma scomparsa, alla quale Berlusconi accomuna «nel Paradiso delle mamme» la madre di Gianfranco Fini, anch’ella appena mancata. Ripercorre i 14 anni dalla discesa in campo del 1994, osteggiata da tutti i suoi collaboratori e anche dalla madre. Donna Rosa però, vedendolo assolutamente convinto, gli disse: “Se rinunciassi non riconoscerei più mio figlio”. E lui andò avanti. «Non avevo mai pensato di entrare in politica. Mi decisi per impedire alla sinistra di prendere il potere». La sinistra, già. Il nemico, anzi l’avversario, non cambia. I comunisti, la sinistra massimalista, «gli eredi del simbolo con la falce&martello che hanno perpetrato i crimini più orrendi».
Per Berlusconi, sinistra equivale a Prodi, tout court, l’esecutivo uscente soggiogato dai ricatti degli alleati estremisti. «Il governo Prodi è ancora in carica e ci lascia un’eredità pesantissima». L’elenco delle nequizie comprende «l’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria. Lo spettacolo osceno dei rifiuti in Campania che ha degradato l’Italia a Paese del quarto mondo. Gli immigrati clandestini hanno fatto diminuire la sicurezza dei cittadini e aumentare la criminalità. Il diluvio di tasse, ogni cittadino paga all’Erario 474 euro in più l’anno. La grande novità è il Popolo della Libertà. Con Fini stiamo realizzando un sogno. Lo inseguivo da tempo, ma è tardato ad arrivare a causa dei dissensi all’interno della Casa delle Libertà. Mi rendevo conto che con le frammentazioni è difficile realizzare i programmi. Nei miei cinque anni di governo ho realizzato l’85% dei punti programmatici fissati nel Contratto con gli Italiani. L’idea della federazione non venne apprezzata e allora, preso dallo sconforto, mi lasciai andare a giudizi negativi sulla CdL. Poi ho saputo vincere lo sconforto e sono andato avanti ed eccoci qui. Il frazionamento in politica è un male, ai cittadini dico di usare il buonsenso e di non sprecare il voto dandolo a formazioni che non possono mantenere la guida del Paese». Di più: «I voti che sono al di fuori del Pdl e del Pd sono inutili, dannosi e pericolosi».
Una stoccata a Bruno Tabacci e alla sua “Rosa Bianca”. «Quando mi sono presentato a Milano ho preso 57 mila voti. Tabacci 700. Lo ha votato solo la famiglia».
Berlusconi guarda oltre la vittoria elettorale, che da per scontata, prefigura un governo imperniato sull’asse preferenziale con Fini, libero dalle trappole di alleati riottosi e indocili. Ricorda che «la vera data di nascita del PdL è il 2 dicembre 2006, in piazza San Giovanni a Roma (nella grande manifestazione antifisco e antifinanziaria, ndr). Quel giorno, lo ricordo benissimo, sventolavano anche le bandiere dell’UdC… Dobbiamo consolidare in Parlamento un’unica grande forza politica moderata e liberale». E il Partito Democratico? «E’ nato per consentire ai Ds e alla Margherita di sfuggire alla morsa della sinistra estrema e comunista. Come avrebbe potuto chiedere la fiducia degli elettori dopo il fallimento del governo Prodi?». Berlusconi gli augura di «diventare una vera forza riformista sul modello delle socialdemocrazie occidentali». Non lo nomina ma ricorda che Veltroni è in politica da 35 anni e il presidente del Pd è l’esecrato Prodi. A Mastella, «la riconoscenza, che è uno dei valori che abbiamo in politica. Senza di lui Prodi sarebbe ancora al governo». Chiusura ad effetto; «La sinistra ti ha messo in ginocchio. Italia, rialzati!». E alla gente: «Andate missionari della libertà!».”
Il Secolo XIX, 10/02/08