Guardinga nell’approccio: «Non mi farà mica domande su quand’ero bambina o gareggiavo per Miss Italia, quelle cose lì, vero?». Affabile nello scambio di messaggi che precede gli accordi logistici per l’intervista: mentre io continuavo a insistere con fantozziani «signora ministra», al terzo Sms lei era già passata a un avvolgente «caro Stefano». Sono riuscito a spiegarmelo solo col fatto che siamo colleghi, entrambi giornalisti professionisti, intendo. La villa d’inizio Novecento sulla collina di Calolziocorte, con vista manzoniana su quel ramo del lago di Como che torna a chiamarsi Adda, è la stessa dove Michela Vittoria Brambilla, ministro del Turismo, è nata 42 anni fa. Hai l’impressione di salire al castello dell’Innominato. Alla sommità della stradicciola, niente bravi ad attenderti, bensì il più rassicurante impatto con un militare delle Fiamme gialle di piantone.
Il colloquio avviene all’ombra delle conifere nel parco secolare. Il frinire delle cicale arriva a coprire le nostre voci. Mvb, così si firma negli Sms, è esattamente come si presenta per telefono: gentilissima. L’attacco vi pare zuccheroso? Anche a me. Ma il coma diabetico ha una sua giustificazione. Cristina, la giovane cameriera brasiliana, mi versa il succo di frutta alla pera sul registratore digitale Sony. Mentre impreco nel segreto dell’anima mia, prego che i contatti non siano andati a remengo, tampono col fazzoletto, scuoto, soffio, e infine cerco di asciugare in profondità col rotolone Regina arrivato nel frattempo, la colf sudamericana sembra molto divertita dalla sua sbadataggine. Dopodiché riesce nell’impresa di rovesciarmi anche la rimanente metà del bicchiere sul blocnotes e sul foglio con le domande stampate, che subito scolorano. Ride di gusto anche il ministro: «Casa mia è un attentato. Una volta uno dei cani ha fatto la pipì sulla borsetta che una sua collega aveva appoggiato per terra». La interpreto così: ti è andata ancora bene. E tuttavia nelle successive quattro ore, come per magia, si alterneranno al tavolino solo cameriere bergamasche ultrasessantenni. Efficienza nella discrezione: berlusconiana fino al midollo.
Di cani ne ha 15. Niente a confronto con i gatti, ben 27, alcuni orbi di un occhio o con mezze orecchie lasciate sul campo nella stagione degli amori: «Randagi raccolti per strada». Poi 5 cavalli: l’ultimo, Pepito, un pony, è arrivato sabato scorso. «Un regalo per mio figlio Vittorio, che ha 5 anni». Quindi 7 capre e 5 galline. Anche 200 colombi, che decollano tutti insieme come in piazza San Marco per avventarsi sulle granaglie della prodiga padrona di casa: «Poverini! Stanno sulle scatole a tutti: retate, dissuasori, pillole antifecondative. Lo sapeva che figliano tutti i mesi?». No, ma lo sospettavo. «A me invece piacciono. Forse perché fin da piccola ho sempre parteggiato per i più deboli».
