“Ci sono due punti di estrema importanza nel progetto di federalismo fiscale, riforma di cui si parla da più di un decennio, ma che, con il nuovo Governo, dovrebbe andare finalmente in porto. Primo: ogni Regione potrà disporre di una quota maggiore delle tasse riscosse all’interno dei propri confini. Secondo: queste risorse, gestite autonomamente, dovranno servire non solo a potenziare i servizi che, a partire dalla sanità pubblica, sono di competenza regionale, ma anche a migliorare, sotto il profilo dell’efficienza e della produttività, gli apparati amministrativi. Insomma più onori, ma anche più oneri. Nel senso che non sarà più possibile per le Regioni sforare allegramente i propri bilanci, tanto c’è sempre qualcun altro che paga. Il che non vuol dire cancellare il principio di solidarietà, perché è più che giusto che le Regioni che, specie nel Mezzogiorno, si trovano in situazioni di obiettiva difficoltà, possano continuare ad avere forme di sostegno. Ma a fronte di una buona amministrazione. Questi aiuti, infatti, contrariamente a quella che, in questi anni, è stata una sciagurata prassi, non potranno più essere erogati alla leggera, anzi, come purtroppo oggi accade, ad occhi chiusi: un conto è essere costretti – ed è l’intera collettività ad assumersi questo onere – a ripianare le perdite che si sono accumulate in un determinato bilancio, un altro è fare di questa eccezione una regola talmente consolidata da diventare quasi una legge. Quindi uno spreco radicato e legittimato Ecco perché il federalismo fiscale può essere lo strumento più idoneo per cambiare il volto e, nel tempo, forse anche il Dna di quella gran parte dell’amministrazione pubblica che oggi spende e spande senza sapere dove stia di casa l’efficienza e quale dovrebbe essere, tra Stato e contribuente, il vero rapporto fra il dare e l’avere. Basta guardare alla folle gestione di certi nostri enti ospedalieri affidati a persone che non sanno nemmeno far di conto. E poi a certi apparati pubblici – enti, società speciali, uffici inutili – destinati solo ad alimentare intollerabili forme di clientelismo che, senza alcun beneficio per il contribuente, finiscono per mandare in rosso i bilanci. Poi ripianati dalla collettività. Cioè da noi contribuenti. Senza risanare mai niente, perché l’anno successivo i debiti si accumulano di nuovo. Questo per dire che il federalismo fiscale, oggi giustamente chiesto a gran voce da alcune regioni del Nord costrette ad impoverirsi, talvolta a dissanguarsi proprio per far fronte a questa dissestata gestione, è l’unica riforma che possa riportare l’amministrazione dello Stato e la spesa pubblica su più accettabili binari. Nessuno nega il fatto che le regioni del Mezzogiorno abbiano oggi bisogno di un vigoroso sostegno da parte di tutta la collettività. Il problema però è quello di definire strategie e pianificare un utilizzo delle risorse che servano davvero a questo scopo. Così mentre è sicuramente compito dello Stato centrale colmare al più presto il pesante deficit di infrastrutture, di reti, di servizi e di sicurezza che c’è in queste aree e che rallenta visibilmente il decollo della loro economia, è indispensabile che le amministrazioni locali, a partire proprio da quelle regionali, cambino finalmente registro. E per farlo occorre operare in almeno in tre direzioni: 1- procedere e in fretta ad una seria ristrutturazione dei loro apparati in modo che essi raggiungano un maggiore grado di efficienza e di produttività; 2 – snellire il più possibile la burocrazia in modo da assecondare lo sviluppo di un sistema di libero mercato; 3-tagliare le spese inutili in modo da avere bilanci che, per la collettività, siano finalmente più sopportabili o almeno meno onerosi. A questo serve il federalismo fiscale: avvicinare i cittadini all’amministrazione pubblica, rendendo più visibile il flusso che si crea tra tasse prelevate e servizi erogati. Al Nord come al Sud. Anche le Regioni meridionali dovranno fare bene i conti, perché non sarà più possibile sforare, come in passato, il budget di cui realmente dispongono. Sussidi statali per far fronte agli sprechi di queste amministrazioni non ce ne potranno più essere. E se l’attuale presidente della Regione Campania, Bassolino, sarà costretto a chiudere anche la costosissima sede di rappresentanza di New York a Park Avenue che non si sa proprio a che cosa serva, e a mandare a casa la legione di consulenti di cui oggi si circonda, beh, sarà un bene per tutti. Non basta insomma che lo Stato oggi studi strategie e impieghi maggiori risorse sia per combattere la devastante presenza delle organizzazioni criminali, sia per realizzare quelle opere infrastrutturali che, come il Ponte sullo Stretto, sono ormai indispensabili per un vero decollo del sistema economico del Mezzogiorno. Sarebbe illogico agire in modo diverso. Occorre anche, per venire a capo di questo enorme problema che si trascina ormai da decenni, che le amministrazioni prendano maggiore coscienza di quelle che sono le loro dirette e fin troppo vistose responsabilità. Che, con la riforma federalista, non potranno più essere scaricate su qualcun altro. E così potrà cambiare finalmente anche l’Italia con un Nord e un Sud che cominceranno a camminare nella stessa direzione. E a vedere la realtà con gli stessi occhi.
Michela Vittoria Brambilla, Il Giornale della Libertà, 25/04/2008”