“I primi dati sull’estate 2008 fanno segnare un brusco rallentamento degli arrivi. I giovani, ma non solo, preferiscono altri lidi spesso meno costosi, all’Italia. E gli operatori del settore lamentano un calo del fatturato per circa 3 miliardi di euro rispetto al 2007. Insomma, il turismo del Belpaese langue. E anche per il futuro le prospettive non sono esaltanti. Dal fisco alle carenze infrastrutturali e organizzative, il gap con Spagna e Francia sembra difficilmente colmabile. Anche perché i fondi garantiti al sottosegretario al Presidente del Consiglio, Michela Vittoria Brambilla, non superano i 100 milioni.
Presidente dov’è in vacanza?
Di vacanza, dovendomi occupare delle vacanze degli altri, ne sto facendo assai poche e il tempo che riesco ad avere libero lo passo tutto con mio figlio.
E le vacanze non vanno benissimo. Certo, c’è la crisi mondiale, ma è l’intera politica italiana sul turismo che sembra deficitaria…
Non so se gli italiani, votando nel 1993 a favore di un referendum che metteva una pietra tombale su una politica nazionale per il turismo, si siano resi conto di cosa stessero facendo. Io penso proprio di no, ma, in fondo, non è tutta colpa loro perché nessuno a quel tempo aveva spiegato loro quali conseguenze avrebbe avuto l’assai più aspra concorrenza che avrebbe prodotto entro pochi anni la globalizzazione dei mercati. Ed è appunto da allora che il turismo, in assenza di una programmazione di sistema, è piombato in una specie di anarchia.
Parla delle grandi disparità. Toscana e Liguria, per esempio, hanno speso molto meno di Piemonte e Sicilia…
Certo. Alcune regioni, come quelle da lei citate, sono riuscite lo stesso a tenere botta, altre assai di meno anche per mancanza di adeguate risorse. Di fatto, è stato il caos. Del resto, è oggi lo stesso presidente del coordinamento delle regioni, Errani, ad ammettere che con 20 politiche regionali diverse, il turismo italiano rischia di perdere quote di mercato.
Può dare una pagella alle Regioni?
Tutta l’area del mezzogiorno, salvo poche eccezioni, è rimasta a bagnomaria. Il fatto stesso che, nel 2007, la sola Venezia abbia contato un numero di presenze, circa 24 milioni, uguale a quello raccolto da tutto il Sud, credo che dia la misura dei problemi.
Manca una regia unica rispetto a problemi comuni che riguardano fisco, cultura, infrastrutture?
Nel giugno scorso, alla conferenza nazionale del turismo a Riva del Garda c’è stato un primo giro di boa. Stato e Regioni hanno firmato un protocollo di intesa per dare vita a una struttura di coordinamento. L’obiettivo è quello di creare una forte politica centralizzata di promozione turistica, come avviene anche in Spagna.
In questo senso è fondamentale l’istituzione di un ministero del Turismo?
Gli ampi poteri conferitimi per decreto dal Consiglio dei Ministri sono sufficienti a realizzare gli obiettivi che mi sono data. Se poi si deciderà anche per il ministero, meglio ancora. La cosa importante però è dare esecuzione a questo accordo con le regioni per cominciare a lavorare in tempi brevi ad una politica di sistema.
Resta il problema Enit. Un carrozzone che negli anni ha dato pochi risultati…
Elimineremo innanzitutto gli sprechi. Vogliamo che questa struttura sia funzionale al vero scopo per cui è tata creata: portare molti più turisti in Italia. Il che vuol dire almeno tre cose: una promozione più diretta ed efficace, maggiore professionalità dei nostri operatori, un’offerta soprattutto ai grandi tour operator, quelli che gestiscono flussi di milioni di persone, di pacchetti che rispondano alle esigenze del turista medio.
La Spagna. Siamo meno competitivi su prezzi, infrastrutture e organizzazione. Come si fa a colmare il gap?
La Spagna vola perché è riuscita a programmare gli investimenti e a mettere a sistema la rete dei servizi-aeroporti, treni e altro. Ma anche loro devono guardarsi alle spalle perché stanno nascendo concorrenti come Croazia, Romania, Turchia, Tunisia, Marocco e tanti altri. E poi non esageriamo con questo appeal spagnolo: noi, grazie a Dio, non abbiamo costruito grattacieli sulle spiagge come loro hanno fatto a Torremolinos.
Eppure Francia, Spagna e Germania hanno un loro marchio riconoscibile nel mondo. L’Italia ancora no…
Ci siamo lavorando. La designazione a capo dell’Enit di una persona come Matteo Marzotto, uno che di brand se ne intende, è un segnale.
Dopo le note dolenti un grande successo. Via “la monnezza” dalle strade di Napoli. Sarà il volano della ripresa?
In generale noi riteniamo che gli investimenti vanno dove già esiste un contesto di infrastrutture e servizi che possano assicurare un buon margine di guadagno. Ed è a questa “quadra” che il governo sta lavorando. Il primo obiettivo è quello di rilanciare l’immagine di Napoli offuscata dalle vicende dei rifiuti. E, a questo fine, abbiamo in serbo qualche grossa novità.
Si riferisca alla sede del G8?
No comment.
“Libero Mercato”, Tobia De Stefano, 14 agosto 2008