“”È tempo di realizzare nuovi casinò a cominciare dal Centro e dal Sud Italia”. Sono bastate queste poche parole del presidente del Senato Renato Schifani per rilanciare un tema a lungo dibattuto. In Italia sono solo quattro i casinò e tutti in mano pubblica: il Casinò di Venezia, di Campione d’Italia, di Sanremo e di Saint Vincent. In Parlamento giacciono nove proposte di legge che indicano sette località per l’apertura di nuove case da gioco a Stresa, Taormina, Gardone Riviera, San Pellegrino Terme, Viareggio, Ostuni, Fiuggi. E proprio Taormina potrebbe essere la prima ad aprire i battenti del casinò; anzi a riaprirli dal momento che una casa da gioco l’ha già avuta dal 1961 al 1965. Su Taormina si è mosso l’Mpa che ha presentato un ordine del giorno approvato il luglio scorso alla Camera, che impegnava il governo a prevedere un provvedimento legislativo per autorizzare la riapertura della casa da gioco della località siciliana e a valutare l’opportunità di aprirne in altri luoghi.
In attesa c’è anche Anzio che dovrebbe fare da apripista ad altri casinò anche nella Capitale.
Sul tema si sono creati due veri e propri partiti: quello del no secco, secondo il quale la sala da gioco è sinonimo di bisca e quindi soggetta a infiltrazioni malavitose; e quello favorevole, convinto che sia un catalizzatore di turismo ricco. Per rassicurare quanti paventano un rischio malavita, Schifani ha detto che “ormai il sistema anticrimine in Italia è più forte che in passato ed è quindi possibile realizzare quella che si configura come una risorsa turistica”. Il sottosegretario al Turismo Michela Brambilla è talmente convinta che parla di estendere i casinò non solo al centro-sud ma ovunque. Peraltro, osserva “basta uscire dai nostri confini e andare in Francia, Spagna e Inghilterra per trovare ovunque casinò”.
Ma vediamo quale è la situazione internazionale. Basta fare pochi chilometri, varcare il confine e in Francia c’è solo l’imbarazzo della scelta; ben 185 casinò. In Germania le case da gioco sono 78 di cui 14 inserite negli alberghi; in Spagna sono 13 gli alberghi con casinò mentre in Austria troviamo 18 casinò e in Svizzera 19. Basta allontanarsi un altro po’ e in Olanda il giocatore ha a disposizione 85 strutture. La Repubblica Ceca ne ha 150 e l’Estonia 125. Nel Principato di Monaco, quindi su un piccolo territorio, i casinò sono cinque. A fronte di questo scenario emerge che l’Italia è tra i Paesi che pur destinando ingenti risorse al gioco tra lotto, superenalotto, gratta e vinci, lotterie e scommesse sportive, ha meno case da gioco. Luigi Vitali, parlamentare del Pdl, primo firmatario di una proposta di legge per la riapertura di una casa da gioco a Ostuni, sottolinea che finora hanno agito “impedimentì pseudomoralistici, mentre le quattro case da gioco esistenti producono utili per milioni di euro e danno lavoro a migliaia di persone oltre ad essere un’attrattiva turistica rilevante”.
Ma non è tutto rose e fiori. La crisi sta colpendo anche i casinò. Secondo una rilevazione della Deutsche Bank il complesso di casinò di Las Vegas, il regno del gioco, ha registrato nei primi nove mesi del 2008 un calo dei guadagni del 6,5% e si stima per il consuntivo una diminuzione del 10%. Non solo. Sempre per la Deutsche bank è aumentato l’indebitamento dei casinò americani.
Mauro Pizzigati, presidente della Federgioco e del Casinò di Venezia, invita alla cautela. “Bisogna verificare la domanda” dice e sottolinea che il 70% degli incassi nelle case da gioco viene dal giochi elettronici. Peraltro la liberalizzazione voluta da Bersani ha esteso i posti dove si può giocare. Sono 16.300 i punti vendita di giochi pubblici previsti nel bando di gara Bersani; 284 le sale Bingo e oltre 270.000 le new slot. Quindi secondo Pizzigati, “aumentare i casinò avrebbe un senso se ci fosse una domanda elevata di gioco da tavolo”. Complessivamente i quattro casinò muovono incassi per 500 milioni di euro l’anno ma solo il 30% viene dai giochi classici da tavolo. È anche vero però che oltre confine nonostante la crisi, il numero dei visitatori delle case da gioco sta aumentando: in Spagna nel 2008 l’incremento è stato del 4%, in Polonia dell’11% e in Gran Bretagna del 7%.
Laura Della Pasqua, “Il Tempo”, 4 marzo 2009
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