“«Avete visto, che ce l’abbiamo fatta? Li abbiamo mandati a casa e adesso ci riprendiamo in mano il nostro paese!». Stivaletti a punta, rigorosamente tutta in nero – che deve essere il colore egemone nel suo guardaroba -, grinta da vendere. E una sensibilità innata: saper dire quello che la gente che ha davanti vuole sentirsi dire. Così ogni domanda di Giancarlo Mazzuca, anche la più insidiosa, diventa per Michela Vittoria Brambilla un’imbeccata. Come la mettiamo, ad esempio, col centrodestra che perde pezzi e con l’Udc che correrà da sola? «Direttore – fa lei -, tanto qui siamo fra amici: noi ci siamo liberati di Casini! Finalmente!».
Già alle 20.30 all’ingresso del Teatro Verdi, l’altra sera, Antonella Celletti accoglieva la gente con aria mortificata: «Mi spiace, non c’è più posto…». Ci si stipa come si può. La Brambilla spunta un’ora più tardi. L’idea, vista la ressa, era di farla apparire direttamente sul palco. Ma lei preferisce sbucare dal fondo, fendere la siepe umana, stringere le mani che si protendono. Gioca in casa, e si vede. Il primo anello del loggione è pavesato dai simboli dei Circoli dei Libertà. L’atmosfera è adrenalinica. «Quelli dei circoli sono tostissimi – fa lei ad un certo punto, coccolandosi la platea -. Siamo riusciti ad avvicinare aree che per la nostra parte politica erano quasi inaccessibili».
Mazzuca non perde mai l’aplomb, detta i temi, sviluppa l’intervista a 360 gradi. E il “Brambilla pensiero” si srotola senza indulgenze. Qualche pillola: «Gli italiani non sono così allocchi come il governo Prodi ha pensato che fossero», «i sondaggi ci dicono che i due terzi degli elettori di Casini voteranno per il Popolo della Libertà», «il presidente del Pd è Prodi, non possono far finta che non esista!». E su Veltroni e la decisione di salutare gran parte della vecchia compagnia: «Non è che lui non ha scelto di andare da solo. La verità è che non poteva fare diversamente».
L’applausometro però tocca l’apice quando si passa a parlare di tasse, immigrazione, sicurezza. «Hanno voluto mettere in ginocchio il ceto produttivo del paese! Del resto, lo avevano anche detto. Solo che a piangere non sono stati solo i ricchi ma anche i poveri».
Si va sul frivolo nel finale ma è esattamente la chiave per scolpire a tutto tondo il personaggio. La Brambilla accenna ai suoi legami con la Romagna («La mia mamma è di Cesenatico, lo sapete no?») e al piccolo zoo che ha messo insieme nella sua dimora di Calolziocorte, in provincia di Lecco. L’ultimo inventario: 15 cani e 25 gatti in casa, poi in giardino 4 cavalli, 2 asini, 7 capre, 3 galline e vari piccioni. Uno dei due asini le è stato regalato per so tirarlo a una morte sicura: era destinato ad essere macellato e le sue carni a finire in pentola per essere poi servite a una Festa de L’Unità di Pavia.”
Resto del Carlino, 24/02/08
