BRAMBILLA:”CON QUESTA POLITICALA SATIRA E’ MORTA”

“Michela Vittoria Brambilla, alla guida di una Ferrari fiammante, alza il braccio felice in segno di vittoria. Più dietro, un sudatissimo Prodi arranca con la sua bicicletta. Sotto, una scritta: “la rossa”.
E’ la vignetta che Alfio Kranci ha dedicato sul “Giornale” alla presidente nazionale dei Circoli della Libertà mercoledì 22 agosto.
Cinquantanove anni, originario di Fiume ma residente a Firenze, Krancic è uno dei più importanti autori di vignette satiriche in Italia. Quotidianamente le pubblica sul “Giornale” e sul “Secolo d’Italia”. Una passione, la sua, nata sui banchi di scuola…
“Mi ricordo che fin da bambino avevo sempre la matita in mano. Amavo fare disegni di ogni genere, anche caricature ai miei compagni. Poi, negli anni Settanta, ho iniziato a schizzare sulle diverse e numerose riviste underground che allora circolavano.
Riviste politiche?
Beh, al tempo era difficile che le riviste non fossero politiche. Diciamo comunque che il mio orientamento è sempre stato abbastanza chiaro, anche per motivi familiari, visto che i miei genitori sono dovuti fuggire dall’Istria durante la dura repressione dei comunisti jugoslavi. Certe storie ti segnano, te le porti addosso, restano con te per tutta la vita.
Perché la satira sta più a sinistra?
Non è che la satira stia più a sinistra, è che la sinistra l’ha occupata. E non ho mai capito perché. Dal ’68 la sinistra ha preso possesso di quasi tutti gli spazi intellettuali. Il centro destra moderato ha totalmente rinunciato alla battaglia culturale. Non so chi ne abbia la colpa. Forse in parte la responsabilità va alla Democrazia cristiana, che ha sempre curato più l’economia della cultura. Certo è che il centro destra continua a dare troppa poca importanza a quest’ultimo aspetto.
Lei ha fatto fatica a farsi strada?
Molta. E spesso mi sono sentito e mi sento tuttora boicottato anche da chi sta dalla mia parte. Un esempio? Quando si parla di satira, in tv e sui giornali, intervistano sempre vignettisti di sinistra. Implicitamente è come se si pensasse che chi sta da quella parte, in fondo è più bravo. Invece non è così.
Chi le ha dato fiducia?
Prima di tutti Vittorio Feltri. La mia carriera vera e propria iniziò nel 1988 alla “Gazzetta di Firenze”. Poi, nel ’92, mandai una raccolta di disegni a Vittorio, all'”Indipendente”. Mi chiamò il giorno dopo e iniziai subito a collaborare. E da allora nulla die sine linea: una vignetta al giorno. Ma devo ringraziare anche Belpietro, direttore del “Giornale”.
Come e dove disegna?
Disegno in casa, dove ho tutte le mie cose… Di solito faccio un schizzo a matita, poi lo coloro con i pastelli. Quindi lo scannerizzo, sistemo il fondo al computer e invio.
Censure?
Beh, può essere che qualche volta mi dicano: “Alfio, questa è da querela, rifai”. Insomma, come si dice dalle mie parti, “meglio aver paura che buscarne”. E io ovviamente, mi rimetto al lavoro. Anche se qualche querela, alla fine, mi è comunque arrivata.
Ci racconti…
Mi ricordo di una vignetta sulla prima pagina dell’Indipendente, diversi anni fa, circa un’indagine sulle cooperative rosse. Disegnai la quercia che affondava le sue radici in una bustarella. Partì una querela dal Pds, e alla fine ci fu un patteggiamento.
Querele a parte, qualche personaggio che lei ha preso di mira,  l’ha mai chiamata?
Sì, Antonio Fazio. Gli dedicai la prima vignetta anni fa, quando aveva rimproverato il governo Prodi per i suoi sperperi. Lo vestii da frate, a una festa di capodanno, mente ammoniva il presidente del consiglio dicendogli: “Ricordati che devi morire”. Mi chiamò subito dopo e mi chiese se potevo dargli l’originale. Da allora ci fu un tacito accordo: tutte le volte che gli facevo una vignetta, portavo l’originale alla sede della Banca d’Italia di Firenze, da dove gli veniva recapitata. E poi ci fu quell’incontro con Irene Pivetti, quando era presidente della Camera…
Come andò?
Disegnai la Pivetti come un gufo, ironizzando sul fatto che avesse abbandonato alcune sue posizioni cattolico-tradizionaliste. Ci rimase male e mi fece chiamare dal suo segretario. Ci incontrammo e cercò di spiegarmi le sue posizioni. Fu un bell’incontro, nella cornice stupenda di Montecitorio.
I personaggi a cui artisticamente è più affezionato?
Oscar Luigi Scalfaro, quando era presidente della Repubblica: penso che mi venisse benissimo. E anche Fabio Mussi, con i pomelli rossi, mi dà soddisfazione. Non c’è feeling (grafico, s’intende!) con Fini, invece: è un personaggio che mi sfugge, non riesco a trovarne la chiave.
Come vede il futuro della satira in vignetta?
Certe volte penso che io e quelli della mia generazione siamo gli ultimi. Mia moglie Donatella insegna in una scuola superiore, spesso porta i giornali in classe, mostra le vignette: i ragazzi non le capiscono. Del resto come dargli torto? Molti provano disinteresse per questo tipo di politica. La sentono come distante dalla propria vita, quindi è naturale che non si informino. Eppure di ragazzi bravi a disegnare ce ne sono! E lo posso dire con cognizione di causa, visto che sono il direttore di un importante premio internazionale di umorismo e satira, quello di Codogno (Lodi). Per come è messa la politica oggi, penso che il loro futuro sarà soprattutto la satira di costume.
Un consiglio che darebbe a queste ragazzi?
Cercare sempre di provare a comunicare qualcosa di ironico mantenendo il buongusto. Non mi piace la satira gridata, non ci credo. Una volta ho sentito Vauro (che peraltro stimo) dire in tv che la satira è questione di fegato. No, io non la penso così: la satira è soprattutto questione di testa.
Il più bravo vignettista?
Non ho dubbi: Forattini. Ha fatto una vera e propria rivoluzione copernicana in questo campo. Prima di lui i vignettisti disegnavano due omini anonimi: uno lanciava la battuta e l’altro gli faceva da spalla. Forattini ha messo i politici al centro della vignetta. E’ un po’ come i Beatles come la musica: ha segnato una nuova epoca. E tutti noi gli siamo debitori!