BRAMBILLA:”TURISMO: ORA UNIAMO LE FORZE”

“Quando le cifre non bastano ad ottenere la giusta considerazione.   Un giro d’affari da 90 miliardi di euro pari a circa il 6% del Pil nazionale e più di 800 mila addetti.
Eppure il turismo in Italia fa fatica ad essere considerato una vera e propria industria. Al punto che solo da qualche giorno ne è stato ripristinato il ministero con la nomina di Michela Vittoria Brambilla, che dovrà immediatamente fronteggiare l’emergenza abbattutasi su questo comparto a causa della crisi.
Tra i settori in sofferenza figura anche il turismo d’affari che nel 2008 ha accusato in Italia una flessione del 3,7% rispetto all’anno precedente. Per molti Paesi il business travel è diventato un volano economico di grande importanza. Da noi, invece, arranca. Perché?
“Non sono d’accordo – spiega Michela Vittoria Brambilla -. È vero che ci sono nel mondo Paesi come la Cina che, da questo punto di vista, sono letteralmente esplosi. Ma è anche vero che stiamo realizzando performance di tutto rispetto nei confronti dei nostri più diretti concorrenti. Nel 2008 il turismo business ha inciso per il 18% sul totale degli arrivi internazionali nel nostro Paese. Contro il 9,3% della Spagna e circa l’11% della Francia. Ovviamente questo non vuol dire che non si possa fare molto di più”.
Infatti c’è chi denuncia forti carenze soprattutto nella logistica: mancano veri e propri poli congressuali.
“Oggi, in Italia stiamo ancora lavorando alla creazione di una politica di marketing che sia rivolta specificamente allo sviluppo di questo settore. Allo stesso tempo, però, non disponiamo ancora di un sufficiente numero di location che siano in grado di soddisfare tutte le esigenze che l’organizzazione di un grande congresso sempre comporta. Dove esiste, ad esempio, una struttura congressuale adeguata mancano spesso strutture ricettive sufficienti a garantire una buona ospitalità. O, viceversa, vi sono alberghi in quantità ma è deficitario tutto il resto. Per non parlare poi della carenze dei servizi di supporto che rendono o problematici o troppo costosi trasporti e trasferimenti. Del resto, sono ormai vent’anni che non esiste una politica nazionale che sia programmata in modo da risolvere, sotto il profilo strutturale, questi problemi”.
Uno spreco, visto che tutta l’area del turismo d’affari e congressuale potrebbe diventare una risorsa straordinaria.
“Esattamente e, per capire meglio, facciamo due conti. Chi partecipa a congressi, seminari o conferenze spende mediamente, tra albergo, acquisti e servizi, non meno di 150-180 euro al giorno, mentre un normale turista non va oltre i 100-130 euro. Con l’aggiunta che il turista d’affari, avendo cultura e reddito più elevati, può diventare un efficace ambasciatore delle bellezze del nostro Paese”.
E quindi cosa manca per far fare il famoso salto di qualità a questo settore?
“È indubbio che alcune Regioni abbiano già fatto molto per creare, all’interno delle loro aree, poli di attrazione che potessero soddisfare il più possibile queste esigenze, ma non è certo procedendo in ordine sparso che si può affrontare un problema che, per essere risolto ha invece bisogno di una strategia di carattere nazionale. Ritengo che, operando in stretta collaborazione con tutte le Regioni e con le imprese, si possano realizzare le sinergie necessarie per creare strutture idonee a questo scopo, sia dal punto di vista dell’efficienza che delle dimensioni. I poli congressuali che, ad esempio, sono in grado di ospitare almeno 5 mila persone, nel nostro paese sono davvero pochi”.
Il che vuol dire dar corso anche ad un tipo di investimenti come i resort che nel nostro Paese stentano a decollare?
“Gli investimenti vanno dove appeal ambientale, quantità e qualità di strutture, managerialità di gestione ed efficienza dei servizi, riescono ad essere davvero anelli di una stessa catena. E, in Italia, troppo spesso non è così. Basta vedere quel che accade nel Mezzogiorno per farsene un’idea. Per non parlare poi dell’incapacità spesso dimostrata da alcuni comparti dell’amministrazione pubblica nell’adottare strategie e realizzare interventi che fossero davvero funzionali alle esigenze del mercato. Quando una burocrazia è troppo autoreferenziale è difficile che entri in sintonia con i problemi del turismo”.
Eppure, malgrado tutto, su futuro non mi pare pessimista.
“Non ho motivi per esserlo. Innanzitutto, perché, nonostante la crisi, il nostro turismo continua a registrare performance che sono addirittura migliori di quelle di altri Paesi nostri competitor. Inoltre, tengo a precisare che, in questo mio primo anno di lavoro come responsabile del Dipartimento del turismo, ho avuto modo di riscontrare in tutti una gran voglia di dare finalmente vita ad una politica nazionale del settore. E così dovrà essere perché è proprio dal turismo che si possono trarre le risorse necessarie per creare sviluppo e nuove occupazione”.
Isidoro Trovato, “Corriere economia”, 18 maggio 2009″