COMMISSIONE INFANZIA, ESPERTI: “DINANZI ALLE GRANDI DISABILITA’ NON LASCIARE SOLE LE FAMIGLIE”. ON. BRAMBILLA: “DOVERE MORALE DI DARE RISPOSTE”

L’Italia può vantare “una legge avanzatissima sull’integrazione scolastica dei disabili”, nonostante i noti problemi applicativi, e un approccio “umanistico” alle gravi disabilità infantili, “che mette al centro la persona del disabile, non le carrozzine, i tutori o gli altri ausili fisici, e tendenzialmente  “educa alla disabilità” anche chi disabile non è”. Quindi servono non tanto “viaggi della speranza”, quanto piuttosto serve  indirizzare correttamente le famiglie verso i centri di riabilitazione più adatti e “non lasciarle sole” nella fase della terapia e in quella, forse “più complicata”, dell’assistenza. Lo ha detto il professor Adriano Ferrari, Direttore dell’Unità di riabilitazione delle gravi disabilità infantili dell’età evolutiva (UDGEE) del Dipartimento materno infantile dell’Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia, audito oggi, con la fisioterapista Laura Beccani, dalla commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, sotto la presidenza dell’on. Michela Vittoria Brambilla, nell’ambito dell’indagine sulla tutela della salute psico-fisica dei minori.

L’incidenza delle gravi disabilità infantili, come per esempio la paralisi cerebrale (uno su 500 nati vivi) o l’autismo (uno su 250) è spiegabile con l’efficienza delle terapie intensive neonatali, sulle quali si investe moltissime  risorse e che oggi – ricorda il professore – “possono salvare la vita di bambini alla 22.a settimana di gestazione e del peso di circa 500 grammi”, ma al prezzo di patologie gravi. “In questi casi – prosegue Ferrari – la terapia ha dei limiti, perché si lavora su quanto non è stato compromesso. Davvero terapeutico è solo ciò che induce un cambiamento migliorativo, oggettivo, misurabile e replicabile in altri soggetti. La terapia dura finché è possibile ottenere questi risultati, dopodiché non è più terapia ma assistenza. E proprio in questa fase si registrano difficoltà, perché al Sistema sanitario nazionale non corrisponde un Sistema di assistenza altrettanto strutturato”.

L’importante è accompagnare le famiglie verso la scelta del centro di riabilitazione e, insiste Ferrari, “non lasciarle sole” ad affrontare la situazione. “In Italia lavoriamo sul paziente e sulle sue potenzialità”, ma non bisogna illudere con troppe promesse: “la terapia ha dei limiti” e non approda allo “sviluppo tipico”, quello che comunemente si chiama  “normalità”. La dottoressa Beccani ha ricordato che l’unità di riabilitazione di Reggio Emilia è un centro di importanza nazionale, dove il 70 per cento dei pazienti “proviene da fuori Regione”, e che purtroppo manca un’indagine statistica sistematica sulle grandi disabilità sotto i sei anni, “perché il veicolo informativo è sempre la scuola”.

“Accompagnare le famiglie in ogni fase, dalla scelta del centro di riabilitazione alla quotidianità dell’assistenza, è l’obiettivo – sottolinea la presidente Brambilla – che dobbiamo fare nostro se vogliamo dare risposte adeguate ad un fenomeno, quello delle gravi disabilità infantili, che abbiamo visto crescere nei paesi avanzati come l’Italia. Abbiamo il dovere morale di dare queste risposte”.