Stiamo vivendo una stagione attraversata da grandi cambiamenti, rapidi e sempre meno prevedibili: nei comportamenti, nei consumi, nel contesto competitivo.
Le tecnologie diventano al contempo sempre più persuasive, al punto da influire in modo sempre più determinante al cambiamento delle stesse regole del gioco.
In questo scenario così dinamico, complesso e sempre più globale è necessario rivedere i piani formativi del settore al fine di renderli i più adeguati alle nuove esigenze, accorciando innanzi tutto le distanze tra le oggettive esigenze del mondo della scuola e quelle del mercato del lavoro e delle imprese.
LA SITUAZIONE IN CAMPO FORMATIVO
Laureati e specializzati, ma senza le competenze necessarie richieste dal mercato.
Il Turismo oggi offre enormi possibilità di occupazione, ma il titolo di studio serve a poco. La domanda delle imprese si concentra soprattutto sulle figure professionali medio basse e il giovane appena laureato finisce quasi sempre per cercare opportunità di lavoro al di fuori del settore Turismo o all’estero.
Il numero dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione continua ciò nonostante a crescere.
Sono pochi però i corsi formativi che tengono conto della reale domanda presente sul mercato.
Gli Istituti professionali Alberghieri in Italia sono 120 (ai quali si devono aggiungere un’altra ventina di Scuole Superiori che prevedono nei loro programmi corsi dedicati al turismo).
Al contrario dei laureati, i diplomati non hanno difficoltà ad entrare subito nel mondo del lavoro e a trovare un’occupazione poichè la domanda continua a restare sostenuta e maggiore dell’offerta.
Se si scende poi alle mansioni più fungibili e faticose va aggiunto infine che il Turismo impiega ogni anno altri 50.000 addetti reperendoli per lo più tra gli immigrati extra comunitari, con un occupazione stagionale.
Un dato anche questo a conferma che la domanda anche nel segmento basso è superiore all’offerta.
Le imprese turistiche e le strutture ricettive cercano infatti principalmente professionalità di profilo minore, che non richiedono una laurea e una cultura accademica.
Solo il 3,8% degli occupati negli alberghi e nella ristorazione in Italia è laureato. Un valore molto basso rispetto a quelli di Francia (13.9%) e Spagna (15,2%) il che giustifica da un lato la domanda di basso livello e dall’altro la necessità ineludibile di far fare al Turismo Italiano un salto qualitativamente importante.
Nel 2007, secondo Unioncamere, su un totale di 105.000 assunzioni nel settore alberghiero, ristorazione e servizi turistici solo l’1,4% ha riguardato personale con titolo universitario.
Ma nonostante la domanda si continui a concentrare, per la maggior parte, su un segmento meno qualificato, il numero dei corsi di laurea dedicati alle attività turistiche sono continuati a crescere in modo esponenziale: nell’anno accademico 2008/2009 si calcola che siano oltre 110 i corsi di laurea e almeno 40 i master di primo e secondo livello, per un totale di circa 30.000 studenti iscritti.
LA MORALE
Il mercato del lavoro legato al Turismo è in costante crescita, come emerge anche dall’ultimo rapporto dell’Istituto per la Formazione dei Lavoratori ( ISFOL).
Mentre però la domanda continuava e continua a chiedere soprattutto addetti e operatori specializzati di medio livello, il nostro sistema formativo paradossalmente ha sottovalutato i percorsi preuniversitari, privilegiando invece le lauree brevi.
Un paradosso aggravato anche da un insufficiente domanda qualificata da parte delle imprese.
Tutto ciò rende dunque evidente e non più procrastinabile un esame profondo dell’intero sistema formativo del Turismo in Italia, per arrivare al più presto a formulare una serie di proposte, correttivi e interventi che consentano anche su questo tema di far riprendere all’Italia il ruolo che le compete e che da troppo tempo abbiamo perso.