RANDAGISMO, BRAMBILLA: MIGLIORARE LA NUOVA LEGGE PER COMBATTERE EFFICACEMENTE QUESTA PIAGA

È sbagliato deresponsabilizzare i proprietari degli animali, rendere solo “preferibile” la sterilizzazione dei gatti, abolire la figura del “cane libero accudito” e l’anagrafe centralizzata canina/felina. Sono solo alcune delle osservazioni della Federazione Italiana Diritti Animali e Ambiente al testo della nuova legge “in materia di animali d’affezione, di prevenzione e controllo del randagismo e di tutela dell’incolumità pubblica” licenziata nei giorni scorsi dalla commissione Affari sociali della Camera. Il rischio è di privare di strumenti efficaci la lotta al randagismo. Delle valutazioni critiche si è fatta portavoce oggi l’ex ministro del Turismo, on. Michela Vittoria Brambilla, nella sua relazione alla commissione Ambiente, chiamata a formulare un parere sul provvedimento.

Se positivo è stato il giudizio sulle parti di stretta competenza della commissione consultiva, non sono mancate critiche al testo emendato in commissione Affari sociali. “Sono fermamente convinta che quello del randagismo sia un problema generale di sostenibilità ambientale e quindi possa e debba esser affrontato dalla commissione VIII nel suo complesso – ha spiegato l’ex ministro – Vincere la battaglia contro questa piaga significa affermare in questo paese un necessario e non più differibile salto culturale. Pertanto, cogliendo l’importante occasione offerta da questo ripensamento complessivo della legislazione vigente in materia di tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo, ho ritenuto opportuno segnalare alcune criticità, anche in ragione della mia trentennale esperienza nell’associazionismo per la difesa dei diritti degli animali oltre che in qualità di relatrice.”

” A mio parere – ha sottolineato l’on. Brambilla – sono stati compiuti alcuni passi indietro”. Lo è, per esempio, la decisione di non applicare la nuova legge agli allevamenti professionali. Come “errori” sono classificati anche gli emendamenti approvati all’articolo 3, che eliminano il vincolo, da parte di chiunque decida di far riprodurre un animale, di cedere i cuccioli solo a persone che siano in grado di gestirlo correttamente e che non individuano chiaramente la sterilizzazione chirurgica come strumento fondamentale per prevenire il randagismo nei casi in cui non sia garantita la tutela del benessere delle mamme e della loro prole. “L’effetto deresponsabilizzante – commenta l’ex ministro – è evidente”. La cancellazione del “cane libero accudito”, prosegue la relazione, imporrà ai Comuni l’onere d’ingenti spese di mantenimento in canile per tutti quegli animali valutati non aggressivi e positivamente accettati dalla comunità. E la definizione di animale aggressivo, e quindi abbattibile per ordinanza, è talmente generica da rendersi applicabile, ad insindacabile giudizio di un veterinario, anche al cane che abbaia per semplice paura, indipendentemente dalla reale pericolosità. Decisamente “in controtendenza” sono anche gli emendamenti apportati che abrogano la banca dati nazionale centralizzata dell’anagrafe canina/felina, facendo tornare l’Italia al 1998, quando un cane perso durante una gita in una Regione diversa da quella di registrazione restava spesso in canile a vita perché randagio, o veniva riconsegnato all’ignaro proprietario solo dopo mesi, a causa del tortuoso iter burocratico necessario per il riconoscimento.