carlotta_pEccola Carlotta: il manto bianco come la neve, la stazza possente tipica dei pastori maremmani e lo sguardo dolce ma deciso. E’ lei che, con una semplice occhiata, dirige il branco di casa che sembra essere veramente immune da qualsiasi regola di buona educazione. Un improvvisato gruppo eterogeneo di meticci, che negli anni è cresciuto in numero. Ora sono 15, tutti trovatelli e tutti con alle spalle una storia di abbandono.

Questa grande sensibilità nei confronti degli animali, che mi accompagna fin da bambina e che è frutto dell’educazione ricevuta in famiglia, mi ha portato ad essere sempre in prima linea nei confronti dei nostri amici a quattro zampe e a non rimare indifferente di fronte alle violenze che possono subire da parte dell’uomo. Così, prima Pippo, poi Lola, poi Cartier, poi Milou, poi Tracy, e ancora Cocky, Geppo, Ajgo e tutti gli altri sono entrati a far parte della mia famiglia, salvati da un destino che nei loro confronti non era stato molto benevolo. Ma è Carlotta che si è da subito distinta per la sua grandezza.

Ricordo ancora quel giorno di giugno di otto anni fa. Faceva già molto caldo ed io ero in viaggio sull’autostrada del sole. E’ lì che è avvenuto l’incontro con questa femmina di maremmano che avrei poi battezzato con il nome di Carlotta. Si è praticamente materializzata in mezzo alla corsia di sorpasso e non dimenticherò mai i suoi occhi pieni di terrore. Abbandonare un cane è un crimine vergognoso. Ma lasciarlo in autostrada è sicuramente l’atto più crudele che si possa commettere: all’animale non viene data nessuna possibilità di sopravvivenza.
Perché recuperare Carlotta è stato davvero difficile e pericoloso; in pochi avrebbero deciso di assumersi certi rischi. Mi buttai sulla corsia d’emergenza e tornai in retromarcia fino al punto in cui si trovava la mia impaurita cagnolona. Fortunatamente non c’era molto traffico e le automobili sopraggiunte rallentarono per creare una sorta di cordone di sicurezza. Temevo che Carlotta, non conoscendomi, cercasse di sfuggirmi mettendo ancora più a rischio la sua vita (e, particolare non trascurabile, quella degli automobilisti). Così non è stato. Con il cuore in gola sono riuscita ad avvicinarla e, con una forza inaspettata, l’ho afferrata per il collo e l’ho presa in braccio. Arrivata alla mia macchina, ho aperto la portiera posteriore e l’ho buttata dentro. Mi ci sono voluti almeno dieci minuti per riprendermi ma Carlotta era salva. La mia nuova amica aveva un aspetto molto trascurato: non doveva essersela certamente passata bene negli ultimi tempi.

Ho impiegato un po’ di giorni per conquistare la sua fiducia: era molto spaventata e diffidente. Poi, i nostri sguardi si sono incrociati e, a poco a poco, ogni barriera è stata lentamente abbattuta e le nostre strade si unite.
A casa si è fatta subito riconoscere dagli altri esemplari del branco che hanno visto in lei una guida forte e autoritaria. Un soggetto dominante ma che, in presenza dei bambini, si trasformava e diventava disponibile e dolce. Tanto era impossibile per un animale della sua specie sfidarla e sottometterla, tanto dieci bambini avrebbero potuto contemporaneamente accarezzarla, tirarle il pelo e manifestare ogni genere di emozione, senza correre alcun rischio.

Questa era Carlotta, che mi ha lasciato da poco, ma che è sempre presente nei miei ricordi e nel mio cuore. Mentre sto scrivendo, lo sguardo cade sulla nostra fotografia che preferisco: io e Carlotta ci abbracciamo felici e lei sembra sorridere.