“I cittadini italiani, e quelli cinesi residenti in Italia, sottoscrivano la petizione contro il “Festival della carne di cane” di Yulin, una barbarie incommentabile. Anche l’Expo esca dal suo imbarazzante silenzio sui diritti degli animali e si impegni a far conoscere questa realtà”.

Lo chiede l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente durante l’evento-“verità”, significativamente intitolato “Non sono cibo”, cui ha partecipato il direttore di Animals Asia Italia, Irene de Vitti. “E’ importante agire ora – afferma de Vitti – e dire no al massacro di Yulin: la Cina e i suoi cittadini hanno bisogno anche della nostra voce.” Di aiuto e sostegno hanno bisogno anche le associazioni protezioniste attive “in loco”, per favorire il ricollocamento e l’adozione dei cani salvati.

“Lo chiamano “festival” – ricorda l’on. Brambilla – ma di “festivo” non ha assolutamente nulla. Anzi, è una delle più cruente manifestazioni dell’unica vera “bestialità” che conosco: quella umana”.

A Yulin, città-prefettura della regione autonoma di Guangxi, nella Repubblica popolare cinese, si svolge ogni anno, il 22 giugno, il “Festival della carne di cane al solstizio d’estate”, durante il quale sono macellati, cotti e mangiati migliaia di cani (circa 10 mila nel 2013).

“Animali – ricorda l’ex ministro – più raramente allevati, nella maggior parte dei casi catturati per strada o sottratti ai proprietari da bande criminali, trasportati e detenuti in gabbie piccolissime e affollatissime, uccisi con metodi crudeli (di solito a mazzate, ma anche col veleno) e spesso scuoiati ancora vivi. Ciò che avviene a Yulin – aggiunge – è ben documentato da video facilmente reperibili su youtube o servizi analoghi e rappresenta una macchia per l’immagine della Cina. Noi abbiamo realizzato un video “verità” che potete scaricare all’indirizzo http://tiny.cc/3uxgzx o vedere sul canale youtube della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente (Le.I.D.A.A.) al link: https://youtu.be/bVrliKrOzUk La visione, però, è sconsigliata ai bambini e alle persone particolarmente sensibili. Peraltro – prosegue l’on. Brambilla – l’orrenda “sagra” di Yulin è oggetto di una protesta globale: nell’ultimo mese centinaia di migliaia di iniziative sono partite da ogni angolo del mondo.

Vi invito a firmare a condividere l’appello lanciato da AnimalsAsia itsnofestival.animalsasia.org/itl .

“All’alba del XXI secolo – prosegue la presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente – mangiare carne di cane è e resta una barbarie incommentabile. I cani e i gatti sono amici e compagni dell’uomo, non cibo. La tradizione non è una ragione sufficiente per mantenere certi comportamenti se sono contrari al progresso sociale, come lo erano le fumerie d’oppio, i matrimoni combinati, il bendaggio per mantenere piccoli i piedi delle donne. Tutte “tradizioni” di cui la Cina moderna si è giustamente liberata. Oggi – prosegue la presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente – l’allevamento di cani a scopo alimentare non appare molto diffuso nel paese. Le autorità hanno reso più stringenti norme e controlli, tanto da rendere “antieconomico” il business della carne di cane, eccetto che, come mostra l’indagine di AnimalsAsia pubblicata nei giorni scorsi, per qualche gruppo criminale. Ma tutto ciò – sottolinea l’on. Brambilla – non basta. Le normative devono cambiare: tutti gli animali, in particolare quelli da compagnia e gli animali domestici in generale, meritano di essere protetti e deve essere vietato maltrattare, uccidere e commercializzare a fini alimentari cani e gatti. Metter fine agli orrori di Yulin sarebbe un segnale apprezzato da tutta la comunità internazionale e rimuoverebbe una macchia dall’immagine che la Cina, paese di antichissima civiltà e patria di tanti maestri dell’umanità, trasmette di sé nel mondo. Nel frattempo – insiste l’ex ministro – faccio appello a tutti gli italiani perché, attraverso AnimalsAsia, sostengano le associazioni animaliste locali in Estremo oriente per favorire la ricollocazione e l’adozione di animali da compagnia scampati al macello”.

“Di fronte alla mattanza di Yulin – conclude l’ex ministro – rimangono inerti (anche questo è indecente) sia il nostro governo che l’Unione europea. Per non parlare dell’Expo: la kermesse  sull’alimentazione, sempre più simile ad una “sagra” globale, potrebbe rompere l’imbarazzante silenzio che mantiene sui diritti degli animali in genere, almeno richiamando l’attenzione dei visitatori su quanto accade a Yulin.

In ogni caso, l’inerzia delle istituzioni è una ragione in più per firmare la petizione e chiedere un nuovo, grande passo in avanti: chiuda per sempre il vergognoso “Festival della carne di cane”!

Aggiunge Irene de Vitti: “Animals Asia è sul campo da più di quindici anni. Per questo conosciamo molto bene la Cina e le sue complesse dinamiche.

L’indagine sul commercio della carne di cane è il risultato di un lungo e difficile lavoro che abbiamo svolto sotto copertura per quattro anni e offre l’immagine di un paese estremamente dinamico e orientato al cambiamento: un paese profondamente diverso da come lo percepiamo noi occidentali.

Quello che accade a Yulin è indubbiamente abominevole. Ma Yulin, ed è questo che la nostra indagine rivela per la prima volta al mondo, non rappresenta affatto la Cina e i cittadini cinesi. Al contrario, Yulin è l’espressione di un’attività di stampo criminale fondata sul furto di animali di affezione ai legittimi proprietari. L’industria della carne di cane è un falso mito, i dati che abbiamo reso pubblici parlano chiaro: la produzione su larga scala – sottolinea – è anti-economica e il consumo è nettamente crollato”.

“La Cina – conclude de Vitti – sta compiendo importanti passi avanti in materia di tutela del benessere animale: Yulin rappresenta una macchia nera per il paese e la sua immagine. Il Festival non solo contravviene alla legge cinese, ma è anche fortemente criticato dall’opinione pubblica e dai media nazionali. Per questo è importante agire ora e dire no al massacro di Yulin – la Cina e i suoi cittadini hanno bisogno anche della nostra voce.”