“Michela Vittoria Brambilla, sottosegretaria alla presidenza del Consiglio con delega al turismo, vede oltre la débâcle delle vacanze. «Le copertine dei settimanali hanno evidenziato un autolesionismo tutto italiano. Ma nella crisi, evidente, ci sono segni di ripresa», dice commentando gli ultimi dati. E rilancia: «Il mio obiettivo è guadagnare tre punti di Pil in 5 anni. Attualmente siamo all’11%, in un mercato da 150 miliardi di euro».
Avrà visto che 23 milioni di italiani non vanno in ferie? Quasi la metà rinuncia per risparmiare…
«È chiaro che il 2008 sarà un anno difficile perché risente dell’andamento dell’economia. L’Osservatorio nazionale del Turismo, da tempo operativo presso il mio dipartimento in collaborazione con le Regioni, indicava già i principali fattori di preoccupazione, come il carovita».
Diagnosi esatta. La cura?
«L’analisi è importante e non mostra una situazione così disastrosa. Il secondo trimestre 2008 indica un calo degli acquisti (non delle sole prenotazioni) di camere ad aprile, che l’anno prima però coincideva con la Pasqua. C’è un -3% anche a maggio. In compenso giugno è in positivo».
Però scende il numero di notti trascorse in albergo…
«Occorre considerare che solo il 36,1 % ha preferito l’albergo; il 45% sceglie altre soluzioni più economiche, all’interno di strutture ricettive non rilevate dall’Istat. Se ci si basa sulle sole prenotazioni, luglio è al 50% contro il 49,9% dell’anno precedente, agosto al 53,6%, di tre punti superiore al 2007. E settembre è al 30,7% contro il 27,7%. Emerge però la grande performance delle strutture extra-alberghiere. E poi cresce la quota di chi non va in ferie in agosto: ormai è la metà degli italiani. Tutto questo indica un rapporto qualità/prezzo che, in Italia, è svantaggioso».
Se c’è crisi in Italia, nemmeno gli stranieri ci considerano più una tra le mete preferite. Come recuperare le quote di mercato?
«Abbiamo dormito sugli allori e occorre riprenderci. Ma il 2007 si è chiuso con il 3% in più rispetto al 2006. Non corriamo alla stessa velocità degli altri, è vero, ma cresciamo. E per contro i flussi stranieri non subiscono un calo».
Ma perché i Paesi concorrenti ci superano?
«Per le carenze del sistema complessivo di offerta. Occorre riqualificare le strutture ricettive. Gli altri hanno puntato su pacchetti turistici low-cost. Da noi invece Firenze, Venezia e Roma sono in overbooking, ma sotto Roma non vanno, anche se i prezzi sono accessibili. Per raggiungere altre zone ci sono problemi strutturali. E pensi che a Gubbio non c’è nemmeno la stazione ferroviaria».
Allora non è soltanto colpa della cattiva pubblicità che ci ha fatto Napoli o dell’incertezza di Alitalia?
«No, l’immagine dell’Italia era stata colpita da tempo».
Basta togliere i rifiuti dalle strade?
«È essenziale, ma non basta. Poi lunedì si insedierà la cabina di regia prevista dall’accordo che ho sottoscritto con la Regione Campania per adottare misure a sostegno delle imprese per il danno subito, che corrisponde a tremila posti di lavoro bruciati in un mese. Avvieremo la cogestione dei fondi strutturali Ue per il Sud».
E se poi si fregano tutto, come al Commissariato per i rifiuti?
«Saremo molto attenti a direzionare i finanziamenti direttamente alle imprese».
Intanto Federalberghi chiede la reintroduzione di un ministero del Turismo, insieme con una rideterminazione delle aliquote Iva.
«In effetti c’è un livello di pressione fiscale sugli operatori del settore che sfiora il 31% contro il 24% dei nostri concorrenti. In più c’è l’Iva al 10%, mentre in Francia e Spagna si va dal 5,5 al 7 per cento».
Ma cosa cambierebbe se lei diventasse ministro?
«Non è questione di cariche. Siamo rimasti indietro perché non c’è stata un’unica politica nazionale del turismo. E ora c’erano 21 politiche regionali diverse».
Fa dell’antifederallsmo?
«No, le Regioni hanno fatto un ottimo lavoro, ma senza un coordinamento unitario. E il 21 giugno a Riva del Carda è stato siglato il patto nazionale del turismo».
Vabbè, tutta carta…
«Guardi che anche il presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani dice basta alla disarticolazione».
Però voglio vederlo dirottare i vacanzieri dalla riviera romagnola alla Puglia…
«Eppure concordiamo tutti che è necessaria una sintesi, che va operata dal governo, tra tutti gli enti e le istituzioni».
A proposito, a che serve dare 50 milioni l’anno all’Enit?
«È un carrozzone che deve produrre di più: vorrei che ogni euro speso corrispondesse a un turista conquistato. Perciò ho indicato alla presidenza Matteo Marzotto, di cui ho grande stima, che per le competenze di imprenditore del Made in Italy è particolarmente idoneo a promuovere una migliore utilizzazione delle risorse per un’azione di marketing e di commercializzazione del prodotto».
In concreto, cosa pensa di fare?
«Per 24 anni si è discusso della standardizzazione nazionale della classificazione alberghiera: le stelle degli alberghi per intenderci. Attualmente nessuno sa se un tre stelle di Bolzano corrisponde allo stesso livello altrove. Entro l’estate nasce un’unica classificazione, con requisiti minimi».
Andrea Morigi, Libero, 19 luglio 2008