“Con un solo flash, l’immagine di lei che durante una trasmissione tv accavalla le gambe, belle e sottili, e con gesto galeotto mette in mostra l’autoreggente dai maliziosi bordi di pizzo nero, Michela la rossa è entrata prepotentemente nell’immaginario degli italiani arrivando a insidiare il primato del celebre accavallo cinematografico di Sharon Stone. Da allora, la prima cosa che viene in mente se si dice Michela Vittoria Brambilla è quell’immagine che ha fatto delirare i maschietti del Paese, perché la rossa dei Circoli della libertà sarà pure esplosa sulla scena politica nell’ultimo anno per le sue molte virtù, per la grinta e per le idee, per una cocciuta e disinvolta interpretazione ante litteram del copione antipolitico, ma quello che alla fine si è impresso di più di lei nella testa degli italiani è soprattutto quel gesto, quel clic, riprodotto poi in innumerevoli pubblicazioni della fotografia a corredo dei tanti pezzi sulla sua fulminea e ben accompagnata ascesa politica. Colpo di genio mediatico? «Per carità, è stato solo un incidente, che può capitare a chiunque se è distratto, tanto più che la foto è stata scattata durante un fuori onda», minimizza lei. E infatti, dopo un anno passato a tentare di far dimenticare Sharon Stone, la rossa Michela ora sta per invertire almeno in parte la rotta: vuol fare un falò di tutte le autoreggenti, e optare per un look molto più in linea con il suo nuovo impegno di signora dei Circoli della libertà. E allora via le gonne corte e le calze malandrine che l’hanno accompagnata all’inizio, quando calcava le passerelle di Miss Italia e poi come imprenditrice di successo (per quanto figlia di papà), e ancora come battagliera rappresentante dei giovani di Confcommercio; e avanti con i nuovi tailleur non certo monacali, sempre aggressivi, sexy e d’attacco, ma fatti di giacca e pantalone. Come quello gessato e firmato Dolce & Gabbana con cui si presenta, fresca e struccata, per l’intervista, e senza trucco e dal vivo è molto meglio di quanto l’iconografia di questi mesi non l’abbia dipinta, non più icona strappon-chic come acutamente l’aveva definita Maria Laura Rodotà, e non certo con l’occhio di triglia, come ha scritto qualcun altro. Una fresca neoquarantenne (compiuti il 26 ottobre) in cui si identificano molte trentenni italiane, soprattutto del Nord, grintose fanciulle d’istinto pragmatico più che ideologico a cui piace lavorare, guadagnare e spendere senza troppi complessi, e alle quali lei ha dato slancio e coraggio per misurarsi sui terreni dell’affermazione personale, sempre difficile per le donne, a destra come a sinistra, al Nord come al Sud. Una stupefacente e ben costruita trasformazione di immagine che “il primogenito” del commendator Vittorio Brambilla (industriale dell’acciaio, trafilerie) ha voluto regalarsi per un compleanno importante, e che potete seguire quasi in diretta sfogliando le immagini di queste pagine: pantaloni e solo pantaloni anche per il set di Fabrizio Ferri, il fotografo che ha tentato di catturarle l’anima in questo servizio. E forse c’è riuscito davvero perché questa nuova Michela Vittoria che vuole i pantaloni è molto più simile alla MVB che parla di sé sempre al maschile («sono un imprenditore», dice, «un politico», «un giornalista»), che non ha grandi propensioni a teorizzare le differenze di genere, e che vuoi rappresentare la quintessenza del non politico, o meglio del nuovo homo politicus come lo intende il Cavalier Berlusconi, il grande inventore di MVB, che ha costruito con lei la sua imprevista irruzione sulla scena politica, accolta con le fanfare perfino da un intellettuale di bocca fine come Giuliano Ferrara: in un memorabile articolo si è fatto suo adoratore riconoscendo in lei “l’energia laser del fondatore di FI, il suo potenziale ed effettivo erede” (anche lui al maschile): insomma ha salutato in lei “una reincarnazione giovane e femminile” dei migliori spiriti del Cavaliere degli esordi.
La nuova immagine, sempre assertiva ma anche, si potrebbe dire con prosa veltroniana, più acconcia ai tempi e ai nuovi ruoli assunti pubblicamente da MVB, è sempre frutto dei consigli del Cavaliere, il pigmalione con cui sta in contatto telefonico quasi perenne (un po’ come ai tempi Gianni Boncompagni faceva con Ambra Angiolini), o è frutto soltanto dell’ innegabile intuito di Michela? «Io sono fatta così, spontanea, coraggiosa, disinibita, lo ero già a 15 anni, anche nel look: è il mio modo di essere. E non capisco a chi possa importare cosa c’è sotto la mia gonna. Entro nelle situazioni con slancio, di petto, a gamba tesa, non penso alle conseguenze». E adesso le tante trentenni che si sono identificate in lei che diranno, si sentiranno orfane di un modello, di una suggestione, di un’ immagine? «Intende dire le brambilline, che mi scrivono da tutta Italia? Ma lei vuole che si sentano orfane di un’ autoreggente: pensa davvero che si identificassero in quello? O forse non saranno state attirate da tutto il resto che faccio e che dico, dalle mie idee, dal coraggio che ci vuole a entrare in un mondo come quello politico senza bussare?». Concetto, questo, dell’entrare in politica senza bussare, che sta molto a cuore a MVB e che ricorre come un mantra nella sua conversazione, quasi volesse ficcarsela bene lei in testa prima ancora di spararla in faccia al suo interlocutore. Perché di sicuro MVB tiene più che a ogni altra cosa a legittimarsi come imprenditore prestato alla politica, non vuole diventare un politico di professione, vuole portare freschezza, e dare voce «a chi sta dietro di me, i cittadini. Anche loro vogliono entrare senza bussare. Ma c’ è chi, dentro, non vuole aprire la porta». E ci tiene a ricordare di aver lanciato la battaglia per il taglio dei costi della politica, ancor prima che uscisse il fortunatissimo libro di Stella e Rizzo sulla Casta. Ma tutto questo alla fine è costato anche a lei che, per quanto sicura, ricca e privilegiata, nel suo irresistibile cammino è inciampata violentemente in quella che lei chiama «la gelosia degli uomini». Intende dire del genere umano? «No, voglio dire proprio e solo invidia maschile! Agli ometti del Club ho dato tanto fastidio». A chi si riferisce MVB, forse a chi già occupava un posto d’ onore nel cuore del Cavaliere, personaggi di primo piano intorno a lui come il compassatissimo Marcello Dell’Utri, fondatore dei Circoli del buongoverno, che ha preso con eleganza le distanze da quella che definisce l’antipolitica brambillesca, oppure al gran consigliere Giulio Tremonti che, più fumino, ha perso le staffe in pubblico parlando di lei? «Non faccio liste perché non è nel mio stile. Certo, nella casta della politica, quelli che devono difendere una fetta di potere, se ti avvicini ti azzannano. Credo che il mio modo di lavorare attivo, inconsueto e fuori dalle righe abbia sconvolto molti politici doc».
Gli uomini li abbiamo sistemati, e le donne? Si sa, e si è già detto, che MVB non condivide sorellanze e retoriche femministe, è davvero una donna con i pantaloni e con la testa da uomo che non fa nulla per sembrare femministicamente corretta, molto più simile in questo a una politica old fashion per quanto contemporanea come Angela Merkel, lontana da lei nel look ma molto simile nell’approccio non di genere al potere. Ma non pensa, Michela, che proprio per il fatto che la gelosia degli uomini è subdola, sottile, e irriducibile in qualche modo valga la pena consorziarsi per combattere meglio e neutralizzarli? Che proprio perché loro sono atavicamente capaci di unirsi e fare branco per combattere meglio il nemico, non sarebbe utile forse che anche le donne imparassero a sviluppare, almeno in politica, tattiche simili per non soccombere e non ridursi a essere sottorappresentate come avviene oggi in Italia? «Lei sta parlando di quote rosa: ebbene la stupirò e le dirò che per quanto stucchevoli le ritengo un male necessario in questa fase storica, in Europa». Turiamoci il naso come avrebbe detto Montanelli e battiamoci per le quote rosa? «Rabbrividisco, ma dico di sì. È una condizione mentale che non mi appartiene, voglio privilegiare l’affermazione del migliore in assoluto, maschile o femminile che sia, ma tant’è… turiamoci il naso e quote rosa siano!».
Ma, al di là di questo faticato e sofferto coming out, si narra anche che Michela non faccia nulla per conquistare le simpatie femminili, che non indulga a complicità amicali per conquistare il consenso: insomma lei, Michela, è antipatica alle donne? «Non mi pare proprio, lavoro benissimo con loro e soprattutto tutti i sondaggi dicono che raccolgo più gradimento fra loro che fra gli uomini». E in effetti parecchie signore dei media e della politica sono state finora piuttosto indulgenti con lei, non hanno affondato il pungiglione come a volte avviene contro l’outsider, anzi alcune addirittura hanno tentato di cogliere l’essenza brambillesca, quel misto di spudoratezza e impegno, con parole loro: “Un avatar di Berlusconi”,
secondo Barbara Palombelli, “Un’ape operaia”, per Daniela Santanché: quale definizione preferisce MVB? Sorriso sapiente (confesserà poi di amare molto i suoi molti imitatori, dal Ballantini caracollante sui tacchi alla Ocone alla Germani, di non riuscire a guardarli perché la fanno ridere fino alle lacrime) e poi risponde: «L’avatar mi pare più moderno, ma anche l’ape operaia va bene: lavoro tutto il giorno». E il pungiglione, con chi preferisce usarlo, uomini o donne? «Con nessuno, mi da fastidio in generale. Non mi piace distruggere, preferisco quando ci si mette tutti intorno a un tavolo per decidere». Nel falò che MVB ha acceso per dar vita alla costruzione della nuova immagine stanno per finire, oltre alle autoreggenti, tutte le scempiaggini che ultimamente, in questi mesi di sovraesposizione, a suo dire, le avrebbero messo in bocca i giornalisti. Claudio Sabelli Fioretti, sul Magazine del Corriere, le aveva fatto uno dei suoi Terzogrado in tempi non sospetti, prima che tutto cominciasse. Michela raccontava della sua vita da bambina nel lecchese «in una grande casa isolata dal mondo, circondata da animali», dove ha imparato a camminare attaccandosi a uno schnauzer gigante; e dove per il Natale dei nove anni aveva ricevuto in regalo la leonessa Rumba; lì Michela ha trascorso un’infanzia fortunata. Per il resto, vita piuttosto solitaria, molto studio, otto ore di pianoforte al giorno, poi tanta filosofia fino al debutto nel mondo come giornalista a Mediaset per poi seguire la vocazione familiare all’imprenditoria. Conferma? «Confermo», e racconta che da quell’infanzia un po’ isolata le è rimasto uno struggente amore per gli animali che sta contagiando il figlio Vittorio, tre anni già abituato a convivere con uno zoo. La grande famiglia, aggiornata a fine 2007, è composta da: 15 cani (l’ultimo portato a casa dal canile a settembre si è già mangiato le casse del computer), 24 gatti, quattro cavalli, sette capre e due asini (uno regalo di Vittorio Feltri, l’ altro adottato perché rimasto solo). A Sabelli Fioretti, Michela diceva anche di avere sempre voluto «capelli lunghi, scarpe con il tacco, biancheria di pizzo, tailleur con la gonna corta, calze autoreggenti perfette». Ma parliamo di tre anni fa.”
Max, Maria Luisa Agnese, 28/11/07
